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“Nel pattinaggio italiano manca una cultura sull’attività promozionale, amatoriale e pubblicitaria…”

San Benedetto del Tronto | Intervista al CT della nazionale giovanile italiana Giulio Ravasi.

di Paride Travaglini

Il CT Giulio Ravasi

Nel corso  dei Campionati Italiani R/A che si sono svolti San Benedetto del Tronto, il 25 -26-27 Febbraio abbiamo incontrato il nuovo CT della nazionale giovanile Giulio Ravasi e gli abbiamo posto alcune domande inerenti la nazionale e il pattinaggio.
 
Mister, è venuto A San Benedetto del Tronto, per assistere ai campionati italiani delle categorie Ragazzi/Allievi di cui è commissario tecnico nella nazionale italiana. Cosa pensa dell’organizzazione?
“Un’organizzazione direi eccellente perché è veramente difficile gestire gare del genere per l’irrequietezza di molti atleti. La struttura è adeguatissima e all’avanguardia: una delle migliori che mi è capitata di vedere. Un plauso davvero agli organizzatori.”

Questi atleti dovrebbero rappresentare un po’ il vivaio che dovrebbe continuare la tradizione di coloro che hanno reso l’Italia una delle più quotate nazioni in questa disciplina. Attualmente pensa che ci siano atleti in grado di farlo?
“Dalle gare e dai raduni ho potuto riscontrare in diversi atleti un livello apprezzabile capace di poter concorrere alla continuità. Ho visto che i fondisti sono più preparati rispetto ai velocisti. Questo è dovuto in parte al fatto che i velocisti debbono  completare lo sviluppo fisico. Tuttavia è necessaria una maggiore cultura di perfezionamento della tecnica. Questo è ciò che stiamo facendo con il settore tecnico: introduzione di centri Federali regionali ed interregionali per le categorie giovanissimi ed esordienti, raddoppiamento dei numeri di centri per le categorie Ragazzi/Allievi.”

Lei è il nuovo CT della nazionale giovanile a posto di Perrone. Come ha trovato la preparazione della  squadra?
“Premetto che sono stato 10 anni allenatore nella nazionale giovanile quando Perrone era Commissario Tecnico. Con Roberto c’è sempre stato un rapporto di stima e mi ha sempre coinvolto nelle scelte tecniche. Non ho quindi risentito il passaggio da allenatore a CT e gli atleti sono quelli che conoscevo già.  Cercherò di migliorare ciò che è possibile.

Il Pattinaggio è uno sport che sta attraversando un periodo di crisi.  Molti bambini preferiscono buttarsi su altre discipline; recentemente la campionessa Elena Ciavattini all’apice della carriera ha deciso di abbandonare l’attività. Secondo lei cos’è che non fa decollare questo sport in Italia, i costi troppo onerosi o qualcos’altro e perché molti atleti lasciano?
“ A mio avviso il problema non è da ricercarsi nei costi. I genitori farebbero qualunque cosa per i figli. Direi piuttosto che ciò che manca è una campagna promozionale. Questo sport è all’avanguardia perché favorisce un’ottima attività motoria. Negli altri sport inoltre l’attività dei piccoli inizia a 5 anni, nel pattinaggio a 7. Bisogna fare in modo di trasformare l’attività dei più piccoli in un gioco.  Quello che stiamo facendo è aumentare le gare di destrezza e non relegarle solamente ad una gara nei campionati provinciali … Per quanto riguarda l’abbandono nelle categorie alte, c’è da dire che il pattinaggio non è remunerativo; inoltre l’immagine del campione nel pattinaggio è di difficile vendita  rispetto ad altre discipline. Un ostacolo sicuramente è rappresentato dal fatto che il Pattinaggio non è disciplina olimpica. Spero e sono fiducioso  che il Presidente Aracu mantenga la promessa di far entrare questo sport tra le competizioni olimpiche".

Parlavamo di Olimpiadi. Perché entri uno sport alle olimpiadi è necessario oltre alla spettacolarità delle gare anche dare l’immagine di uno sport serio e professionale. Attualmente il pattinaggio per quanto se ne dica non ha i giusti requisiti: molti si improvvisano allenatori  e preparatori senza averne le dovute competenze; molti componenti del CTA sono gli stessi genitori degli atleti che gareggiano e la mancanza di aggiornamenti li rende sempre meno professionali, commissari di gara che dovrebbero essere super partes e che invece sono gli stessi dirigenti di società regolarmente affiliate, mancanza di studi sui materiali e sul mezzo meccanico ( ad esempio le scarpette rispondono a requisiti medici e fisiatrici tali da garantire una crescita sana dell’atleta senza  incorrere in problemi più o meno gravi  ai piedi  e alla colonna vertebrale?). mancanza di convegni…Tutte cose che in qualche modo penalizzano questo sport e lo rendono agli occhi delle altre discipline uno sport poco credibile.
Qual è il suo parere a tal proposito?
 “Bisogna crescere dal punto di vista professionale coinvolgendo specialisti nei vari settori: ricerche di tipo medico,studi di ingegneria sui materiali e sul mezzo meccanico. Nell’esempio specifico delle scarpette da una nostra banca dati che comprende circa 400 atleti, è scaturito un dato allarmante; più del 20% degli atleti hanno riscontrato delle patologie. Ecco perché è fondamentale coinvolgere esperti nei vari settori che diano direttive.
Per quanto riguarda gli allenatori c’è da dire che le cose stanno andando per il verso giusto. Il livello tecnico è migliorato notevolmente. Tuttavia è necessario puntare ancora di più su una maggiore professionalità. Il nostro obiettivo è quello di  dare ai nostri tecnici titoli e competenze che li renda dei veri professionisti.
Se il pattinaggio dovesse entrare alle olimpiadi si dovrebbero individuare gare che diano spettacolarità: molte sono inutili e noiose. In tal senso abbiamo chiesto e ottenuta una deroga al regolamento per le società che organizzano competizioni. Da quest’anno le società avranno la facoltà di inserire gare che non rispettano le cosiddette distanze ufficiali. Questo per individuare gare che possano essere coinvolgenti per chi guarda”.

Un’altra cosa che si nota nel pattinaggio è la carenza degli amatori che negli altri sport (ved. ad esempio l’atletica) rappresentano il vero polmone, la linfa vitale….
“Sarebbe sbagliato dire nel pattinaggio non ci sono amatori”. Il problema è puramente italiano visto che all’estero di  amatori ce ne  sono a  migliaia. In Italia manca una cultura sull’attività promozionale, amatoriale e pubblicitaria che penalizza notevolmente questo bellissimo sport…”

28/02/2005





        
  



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