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"Si denunciava l’assenza di una politica che ridisegni un nuovo modello di sviluppo"

Ascoli Piceno | La Cgil, la Cisl e la Uil sono preoccupati per la penosa situazione che sta interessando il Consind e che rischia di portarlo alla paralisi

 
La situazione di forte difficoltà che sta attraversando il nostro territorio per effetto della crisi e della debolezza strutturale del suo tessuto produttivo, manifestatasi con le tantissime crisi aziendali, con l’aumento di cassa integrazione e mobilità e la costante perdita di posti di lavoro è stata dalle OO.SS. denunciata con forza fino al ricorso all’arma dello sciopero generale proclamato il 20 febbraio dell’anno scorso.
 
Si denunciava essenzialmente l’assenza di una politica, a cui concorrere con responsabilità e competenze istituzionali diverse, che ridisegnasse un nuovo modello di sviluppo e si rivendicava la realizzazione di una forte coesione tra tutti i soggetti preposti allo sviluppo: Istituzioni, associazioni datoriali e organizzazioni sindacali per la ricostruzione di condizioni di attrattività del territorio per la tenuta dell’impresa, a partire dai grandi gruppi, e per nuova imprenditorialità.
 
A fronte della situazione denunciata che ha determinato la firma di un accordo sullo sviluppo con le Associazioni Datoriali e l’avvio di un tavolo di concertazione e confronto presso la Provincia di Ascoli Piceno, è con un certo stupore e con una fondata preoccupazione che apprendiamo dalla stampa la penosa situazione che sta interessando il Consind e che rischia di portarlo alla paralisi.
 
Il Consorzio, ente strumentale pubblico, per lunghi anni ha sopperito all’assenza di una programmazione di politica economica industriale territoriale sapendo cogliere, nel contempo, le esigenze di una trasformazione e un ampliamento della propria azione.
 
Ciò ha permesso di meglio fronteggiare il cambiamento che le nuove sfide imponevano, e di avere un ulteriore strumento per affrontare situazioni di criticità.
 
Tant’è che, in occasione di vertenze sindacali che prospettavano percorsi per garantire ed incrementare l’occupazione, ma che necessitavano di ulteriore tempo per realizzare investimenti su aree già assegnate dal Consid, ma a rischio di retrocessione, è stato possibile coinvolgere l’Ente, ed ottenere le necessarie e politicamente coerenti decisioni.
 
Certamente lodevole e utile per il tessuto industriale, è stata la scelta di realizzare servizi collettivi.
Dalla semplice acquisizione delle aree, lo strumento operativo delle pubbliche amministrazioni, si trasformava in un ente di servizi all’impresa cimentandosi su problemi energetici, acqua industriale e depurazione.
 
Cogliere l’esigenza di rendere sempre più appetibile l’area per attività produttive è diventato un elemento di qualificazione per il mantenimento e la stabilizzazione di quel tessuto produttivo che non ha scelto la devastante strada della delocalizzazione.
 
Oggi il Consid può riconfermare tutta la sua potenzialità interna d’intervento su uno scenario ancora più complesso, sicuramente ne va meglio raccordato l’operato con quello degli altri enti strumentali, all’interno della programmazione istituzionale di sviluppo territoriale, ma certamente la sua eventuale chiusura determinerebbe la perdita di un elevato patrimonio professionale e di conoscenze di cui proprio in questo momento di radicale trasformazione sarebbe scellerato privarsi.
 
Non vogliamo certamente entrare nelle competenze di altri, anzi invitiamo gli organi preposti ad una scrupolosa azione di controllo di cui rispettiamo sin d’ora la risoluzione.
 
Quello di cui ci preoccupiamo è il particolare momento che vede molte imprese fuggire dal territorio e non sono molti gli strumenti che hanno la potenzialità di frenare ed invertire con proposte concrete e operative tale processo che ha già arrecato forti penalizzazioni ai lavoratori e all’intera comunità.

26/02/2005





        
  



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