Un po' di Londra
San Benedetto del Tronto | Impressioni sulla capitale del Regno Unito dopo una visita di tre giorni
di Lorenzo Picardi
Londra
In un immaginario album di figurine delle capitali europee da me visitate, potrei ritenere di possedere una buona collezione: Roma, Parigi, Berlino, Madrid, Lisbona, Dublino e Amsterdam. Anche il lettore più a digiuno di conoscenze geografiche, però, avrà notato che nel novero manca la "figurina" forse più prestigiosa: Londra. Questo almeno fino a pochi giorni fa. L'occasione di assistere alla semifinale serale delle ATP World Tour Finals di domenica (per la cronaca, Federer b. Murray 7-6 6-2), mi ha permesso di visitare Londra. O meglio: darle una sbirciata come si fa con un libro leggendo il riassunto sul retro. Una città che conta più di otto milioni di abitanti e più di 1500 kmq di superficie non può essere conosciuta esaustivamente in tre giorni; probabilmente non è possibile farlo in assoluto!
Inevitabilmente, come accade a qualunque straniero che varchi una nuova frontiera, la mia mente era costellata di luoghi comuni sugli inglesi, positivi e negativi. Quelli che, nel corso della mia breve permanenza, sono stati maggiormente confermati, sono sicuramente i primi.
Anzitutto l'inappuntabile organizzazione della città, in ogni settore: pulizia, mezzi di trasporto, promozione e realizzazione dei propri eventi, scaturite, queste ultime, anche dal forte senso di appartenenza tipicamente britannico... E con questo non voglio passare per il vicino con l'erba meno verde, perché neanche le altre "figurine" del mio album avvicinano l'ordine di Londra. Siamo sicuramente indietro e dobbiamo crescere, ma quale città può assestarsi sul livello della capitale del Regno Unito? Un esempio: al termine della semifinale, che si è svolta nella spettacolare O2 Arena, non c'è stato nessun ingorgo causato dalla folla di migliaia di persone, né per strada né tantomeno nella metropolitana.
Un altro luogo comune di cui sentiamo parlare spesso è la civiltà degli inglesi, spesso definita dai meno "anglofili" come spocchia: ho incontrato molta educazione, poca presunzione. Disponibilità (che per italiani con ancora incertezze linguistiche è importante) e gentilezza, anche il favore più scontato viene seguito da ringraziamenti molto sentiti, quasi ad indurti a fare altrettanto in futuro. E quella sensazione, avuta solo a Londra e in nessun'altra città, di non essere mai a rischio raggiro di qualche malintenzionato. Non perché la criminalità non esista, ma perché il sistema - e qui torna l'organizzazione - rende difficile ingannare il cittadino.
Aggiungerei anche una notevole apertura mentale, nonostante l'attaccamento smodato alle proprie tradizioni. Basti pensare che l'accezione attuale di cucina inglese, escludendo il fish and chips, il cui odore pervade alcune vie della città, equivale a etnica, di tutti i tipi. Questo permette di mangiare mediamente bene, anche se il costo dei ristorante (e del tenore di vita in generale) risulta più alto, soprattutto per uno straniero visto che il cambio del prezzo non è reale, bensì nominale, e comunque più alto. Probabilmente, però gli stipendi inglesi sono adeguati ai prezzi.
Mi piacerebbe scrivere qualche difetto sulla città (persino il clima non era così disastroso!), ma nei miei tre giorni e mezzo non ne ho riscontrati. D'altronde, sul retro dei libri, oltre il riassunto, si trovano solo le recensioni positive.
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18/11/2012
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