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Divieto di fumo: una boccata d’aria o di proibizionismo?

| Molti parlano di norme troppo restrittive. Nonostante gli 85 mila morti all’anno solo in Italia dovuti al fumo di sigaretta

di Giovanni Desideri

Il fumo di tabacco è quella puzza che si attacca ai vestiti,  provoca bruciore agli occhi, uccide circa 85 mila persone all’anno in Italia ed è la seconda causa di morte nel mondo (stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che riferisce anche come il tabacco uccida più di AIDS, droghe legali, illegali, incidenti stradali, suicidi e omicidi messi insieme).

Eppure si parla in questi giorni di Stato-balia, di proibizionismo, di crociata anti-fumo, di passaggio da un estremo (il fumo universalmente tollerato) all’altro (il fumo vietato), di criminalizzazione del fumatore e simili. Persino di attentato alla Libertà (con la maiuscola d’ordinanza): solo per l’entrata in vigore dell’art. 51 della legge n. 3 del 16 gennaio 2003, in aggiunta alla 584/75 e ad una boccata di altri riferimenti normativi. Articolo chiamato sinteticamente “legge anti-fumo”.

Ma l’argomento forse più interessante di chi mal sopporta le nuove disposizioni è questo: siccome fanno male tante altre cose, allora preoccuparsi del fumo rasenta il ridicolo. (L’elettromagnetismo, a proposito: non uno studio che dimostri inoppugnabilmente che faccia male!) E non un argomento sostenuto al Bar Sport: ma anche da filosofi e da giornalisti barba-muniti (in diverse colorazioni).

Cosa può generare un argomento del genere? Forse l’ansia: di chi ritiene che preso un provvedimento, nessun altro problema possa essere affrontato dal legislatore: “après moi le déluge!”. O forse la rassegnazione di persone avanti negli anni, che ormai disincantate ragionano così: “ci sono tanti problemi, tanto vale non affrontarne nessuno”.

Un altro argomento interessante del fumatore è questo: “con tutto quello che respiriamo per la strada, il fumo di sigaretta è poca cosa”. Ora, non solo nessun filtro riesce a filtrare il monossido di carbonio, che oltre ad essere un gas di scarico delle automobili è anche una delle 4000 sostanze nocive che la sigaretta porta in dote a chi fuma, finendo nei polmoni direttamente e senza passare dal via. Ma la principale fonte da cui la popolazione assume benzene (non per motivi professionali) è proprio il fumo di sigaretta: 45%, contro il 18% apportato dagli autoveicoli, ovvero dal traffico stradale (“Scientific American”, n. 278, 1998).

Un altro esempio: in una stanza di 30 metri cubi in cui sia stata fumata una sola sigaretta c’è una concentrazione di polveri sottili cento volte superiore a quella che farebbe scattare il blocco del traffico in una città: 5000 microgrammi contro 50 (rilevazione del dott. Giovanni Invernizzi, responsabile dell’unità per la prevenzione dei danni da fumo dell’Istituto Nazionale sui Tumori di Milano). Con buona pace del biofix! (La sostanza diffusa per le vie di San Benedetto e di altre città, per ridurre la concentrazione di polveri sottili nell’aria.)

Amenità che a quanto pare non ignorano solo filosofi con la barba o cantautori da sempre con la stessa montatura di occhiali. I fumatori hanno la tragica caratteristica di perdere la sensibilità verso la puzza che producono. E in questi giorni fanno esercizi di retorica, scrivendo che i danni del fumo li conoscono, e tuttavia invitano a non esagerare con il proibizionismo e la criminalizzazione nei loro confronti. Manca solo una proposta di rettifica delle scritte sui pacchetti di sigarette, da “il fumo uccide” a “il fumo uccide un po’”.

Si attende la versione filosofica, che potrebbe suonare così: “la storia dell’indebolimento dell’Essere dimostra come non sia vero che il fumo sia il Male e il divieto di fumo il Bene. Ovidio, con il suo “video meliora proboque: deteriora sequor”, sa di diritto naturale. E invece tutto è interpretazione. Anche i danni del fumo”.

Lettura consigliata: “Perché non fumare. Come smettere una volta per tutte” del dott. Carlo Cipolla (Sperling Paperback, 2004), direttore dell’unità di cardiologia dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, che risponde in poche righe anche a chi sostiene che il fumo di sigaro o di pipa non faccia male.

Oppure l’evergreen Wittegenstein: “Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere”.

15/01/2005





        
  



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