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Disagio psichico adolescenziale: alcune cause, secondo il dott. Luciani

San Benedetto del Tronto | Intervista con l’autore del libro “Adolescenza, adolescenti”, presentato venerdì 4 giugno nella sala consiliare

di Giovanni Desideri

“Il disagio psichico adolescenziale è un fenomeno estremamente complesso e in forte aumento nella nostra società”. Il dott. Vincenzo Luciani accetta di approfondire alcuni aspetti tra quelli trattati venerdì 4 giugno durante la presentazione del suo ultimo libro (“Adolescenza, adolescenti”), nella sala consiliare del Comune di San Benedetto.
 
Quali sono i disagi psichici statisticamente più frequenti?
Oggi prevalgono i disturbi del comportamento alimentare, un argomento di cui si parla troppo poco. Nelle ragazze è un fenomeno di proporzioni inimmaginabili per un non addetto ai lavori. Rispetto al passato ha assunto forma mista, ovvero riscontriamo anoressia e bulimia insieme in una stessa persona, mentre in passato erano patologie che tendevano ad escludersi.
 
Riscontrate frequentemente anche altre patologie?
Un altro grosso problema è quello della depressione giovanile. Nel mio libro non ne ho parlato per non suggestionare i genitori o gli stessi ragazzi, a partire da certe tristezze tipicamente giovanili, comuni a tutti. Ma la depressione sta assumendo tonalità molto forti: abulia, mancanza di gioia di vivere, solitudine, scarsi rapporti con gli altri, ritiro dalla vita sociale e scolastica.
 
La patologia dalla quale è più difficile uscire?
Senza ombra di dubbio la patologia più difficile da curare è la tossicodipendenza, perché provare il godimento dell’oggetto droga svilisce qualsiasi altro piacere. Lo rende caduco.
 
Quali cause ritiene alla base di questi fenomeni?
A mio parere le ipotesi più forti sono la crisi della famiglia (intesa come incapacità dei genitori di farsi carico veramente della vita psicologica dei figli), poi il tipo di società nella quale siamo immersi. Una società nella quale mancano ideali usufruibili da parte degli adolescenti. È presente invece una spinta a quello che io chiamo un “godimento mortifero”. Ovvero, i ragazzi sono indotti a rincorrere forsennatamente un piacere che nessun oggetto della realtà è in grado di dare, mettendo ognuno nella condizione di inseguire e inseguire ancora.
 
Quali cambiamenti auspica per migliorare questa situazione?
Innanzitutto un cambiamento della scuola. La sua funzione va ripensata al più presto. Esiste un sapere vivo, che ci rimette continuamente in discussione e ci aiuta ad affrontare la realtà. Oppure c’è un sapere che è solo trasmissione di nozioni. Se la scuola fosse solo questo avrebbe già perso, perché internet oggi può trasmettere molte più nozioni e meglio. Non si deve studiare per il voto, ma per cercare di vivere e capire la realtà. Concretamente, la scuola dovrebbe dotare i ragazzi di strumenti affettivi e cognitivi.
 
In che modo si potrebbe insegnare l’affettività?
Mettendo a disposizione dei ragazzi degli educatori mossi veramente dal desiderio di trasmettere il piacere della vita e il desiderio di cimentarsi, di mettersi alla prova. Questo è quanto di più alto la scuola possa offrire. Ma è un obiettivo che può essere raggiunto solo se il lavoro dell’insegnante viene vissuto non come “ruolo”, ma come un “desiderio autentico”.
 
Che cos’è un desiderio autentico?
È quello che fa “correre” l’educatore stesso. L’educatore deve avere il desiderio di fare ricerca, per se stesso. Deve dimostrare di essere davvero interessato alla materia che insegna e alla ricerca. Allora andare a scuola diventa interessante anche per lo studente.
 
In definitiva si tratta di “dare l’esempio”.
È esattamente così: dare l’esempio. Naturalmente ci saranno sempre studenti che faranno scelte contro se stessi. Ma se gli insegnanti non fanno soltanto finta di essere interessati alle loro materie, possiamo intanto vedere quanti ragazzi riusciamo a “pescare”.
 
Il suo giudizio sulla riforma della scuola attualmente in atto?
Omissis!

05/06/2004





        
  



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