Sensi, per non perdere di vista il senso autentico della Sagra Giubilare
Grottammare | Per restare ancorati al senso di una Sagra che non intenda diluirsi e disperdersi nelle convenienze del presente e nelle “opportunità” del futuro.
di Umberto Sgattoni
Quest'anno – Anno del Signore 2018 – sarà occasione di potervi assistere; l'ultima possibile - di qui in avanti ad oltre un decennio - se non, attendendo (con pazienza e per grazia ricevuta) fino al luglio 2029.
Poco più di tre anni fa, ci lasciava Mons. Mario Sensi: l'insigne studioso umbro che sulla Sagra ebbe a scrivere negli anni '80-90, lasciandoci un contributo che – per qualità e spessore critico – resta riferimento fondamentale (nonché imprescindibile faro e baluardo), per non perdersi nei "fortunali" folkloristici che di questo importante momento identitario, si è voluto offrire, dare prova ed espressione, nei tempi recenti.
Dove in molti, hanno sviato dall'alveo della sensatezza (per quanti sensi e significati abbiano voluto ricercarvi o attribuirle) ci pare - invece - che Monsignor Sensi avesse ben chiaro il senso autentico della Sagra Giubilare.
E come lui – nella riflessione lucidamente "profetica" contenuta in un volantino ciclostilato che pose a Premessa (premessa che definì peraltro "necessaria") e predispose per l'apertura della Sagra del 1990 – anche l'indimenticato parroco di San Giovanni Battista don Natale Buttafoco, che così recitava:
«Dobbiamo renderci consapevoli che la SACRA non è una RIEVOCAZIONE STORICA, come da tanti si scrive, non è neppure una RAPPRESENTAZIONE SACRA, tantomeno FOLKLORISTICA, ma è un EVENTO ATTUALE religioso-morale che il CREDENTE vuole realizzare e vivere, interiormente e comunitariamente, rimanendo con giusto orgoglio fortemente legato alla santa e felice tradizione degli Avi ...».
Che cos'è la Sagra Giubilare?
Gia nella Presentazione di un saggio intitolato "La Sagra Giubilare tra Storia e Tradizione" - pubblicato nel 2015 - avevo espresso in tutta franchezza il convincimento che affrontare uno studio che intendesse con rigore e coscienziosità indagare sulle origini della Sagra, doveva prendere atto di un dato ineludibile che gli sarebbe stato costante (e sia pur scomodo) compagno di viaggio: e cioè quello, di correre il rischio di addentrarsi in un terreno scosceso, instabile e paludoso; quel terreno - appunto, come recitava il sottotitolo della Monografia - tra Storia e Tradizione; dall'altro, non avevo nascosto il profondo disappunto riguardo al fatto che nell'ultimo ventennio, la Sagra Giubilare, era stata – in nome di una cultura politica o politica culturale (in aritmetica si direbbe, cambiando l'ordine degli addendi il risultato non cambia) – terreno fertile e laboratorio di sperimentazione, vittima sacrificale (in barba alla Tradizione) immolata sull'altare della "Storia" (o forse sarebbe meglio precisare della Storia dello Spettacolo) e della convenienza.
Non è qui nostra intenzione dissertare o stabilire in quale misura, folklore e fantasia (stiamo parlando e prendendo in esame le "Sagre" degli ultimi venti anni) abbiano inciso sulla percezione che della Sagra Giubilare si ha oggi, e verrà consegnata - di conseguenza - al domani ed ai posteri.
Personalmente, chi vi scrive - per ragioni anagrafiche - ha comunque piena contezza che le edizioni della Sagra della propria infanzia e della prima adolescenza (stiamo parlando per intenderci giustappunto di quelle degli anni ‘80 e della prima metà degli anni ‘90) erano di gran lunga più aderenti a quel senso – religioso e morale – che il buon Don Natale evidenziava, rimarcava e sottolineava.
Che cos'è dunque la Sagra Giubilare? E' un evento attuale religioso-morale "che il CREDENTE vuole realizzare e vivere, interiormente e comunitariamente, rimanendo con giusto orgoglio fortemente legato alla santa e felice tradizione degli Avi".
Che cosa sia diventata oggi? Altra cosa; e fors'anche ben poca altra, se non rimanesse, grazie a Dio, la matrice religiosa che resta a suo fondamento, al di là degli orpelli di cui si è inteso ornarla - con inopportuno quanto massiccio intervento - negli ultimi venti anni.
Che cosa non è la Sagra Giubilare?
Che cosa non è la Sagra Giubilare? Non è una rievocazione storica, non è neppure una rappresentazione sacra, tantomeno folkloristica.
Stando alle edizioni degli ultimi venti anni - e stando alla programmazione dell'edizione che inizierà fra pochi giorni - non si direbbe.
E ad avvalorare questo slittamento tendenzialmente orientato verso una laicizzazione e/o secolarizzazione dell'evento, basti citare a titolo paradigmatico, i numerosi eventi inseriti nei programmi della celebrazione, che nulla hanno a che vedere con l'autentico senso (religioso-morale) originario della Sagra; non meno di quelli introdotti - sempre nel corso dell'ultimo ventennio - quali lo sbarco di Alessandro III, il ristoro papale, spettacoli di giocolieri, saltimbanchi, giullari ed affini ed altre amenità (persino la Pizza della Sagra!) che nulla attengono ed hanno a che fare con il senso autentico della Sagra Giubilare.
Un bilancio sulle "Sagre Giubilari" degli ultimi 25 anni: tornare all'antico, sarà un progresso.
Stilare un onesto bilancio sulle Sagre Giubilari degli ultimi 25 anni, non può non attestare come l'avanzamento - e l'inserimento - di componenti estranee al senso autentico della Sagra (religioso-morale) si siano progressivamente conquistate uno spazio sempre maggiore, favorite e promosse da una politica (ed una politica culturale), d'un lato ben disposta ad indirizzare verso una sostanziale laicizzazione e secolarizzazione gli eventi identitari e comunitari cittadini, dall'altro ben ravvisabile emblematicamente ("in nuce" e nella sua visione e matrice ideologica e culturale di fondo, quella che la sottende, la sostiene ed ispira), nel significativo passaggio di un discorso di chiusura della recente campagna elettorale, in cui il Sindaco Piergallini ha affermato:
"[...] per cambiare le cose occorre avere la fiducia e l'ostinazione [...]; quante volte il mondo ha perso l'appuntamento con la Storia perché chi lo viveva non è stato capace [...]".
Se così non si fosse operato (e scelto di operare) e non si fossero colte queste "opportunità" di "cambiare le cose", negli ultimi 25 anni, non avremmo dovuto assistere – per esempio – al sacrificio (sull'altare di discutibili e spesso risibili convenienze contemporanee) della nostra Tradizione, della nostra Cultura e della nostra Identità Comunitaria; ci saremmo – inoltre – risparmiati di vedere politiche attuate e tese allo scopo (ed al fine) di far diventare Storia quel che non lo è, con l'obiettivo (non sta a noi dire se per vanità o vacuità di intenti) di storicizzare e consegnare agli atti (politici, culturali e della memoria collettiva) quel che – fra cinquanta, cento, duecento anni e nei secoli a venire (purtroppo) – sarà guardato (e giudicato) da posteri inconsapevoli, quale deposito della Tradizione (pur non essendolo affatto).
Ci avrebbe - infine - risparmiato, la farsa, messa in scena da chi – invece di essere depositario e custode della Tradizione comunitaria – ha inteso anteporre l'ambizione (e l'ostinazione) di voler fare la Storia (e passare alla Storia).
Lo spettatore della Sagra del 3000.
Immaginiamo - e caliamoci per un attimo nei panni - di uno Spettatore della Sagra del 3000.
Riterrà forse "tradizionale" – (ormai sedimentata, acquisita e storicizzata) – la pizza della Sagra, lo sbarco di Alessandro III, il ristoro papale ed altri vari ed eventuali alambicchi?
No, non vogliamo rassegnarci a questa prospettiva.
"Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo" (come pure ebbe a dire - ai napoleonici occupanti la Città Eterna e che gli intimavano la resa - il Sommo Pontefice Pio VII; guarda caso, il papa della Bolla della Sagra).
Per noi, la Sagra Giubilare non è una rievocazione storica; non è neppure una rappresentazione sacra, tantomeno folkloristica, ma è un evento attuale religioso-morale che da credenti vogliamo realizzare e vivere, interiormente e comunitariamente, rimanendo in ciò che la santa e felice tradizione degli Avi ci ha consegnato e ci invita a custodire con giusto orgoglio.
Per questo, abbiamo scritto.
Giuseppe Verdi ebbe a dire: "Tornate all'Antico, sarà un progresso".
Personalmente, dopo aver visto i progressi degli ultimi 25 anni a Grottammare, siamo convinti che tornare all'antico – per la Sagra (ma non solo per quella) sotto il profilo della cura, della custodia e conservazione del nostro patrimonio culturale ed identitario – sia l'unica strada percorribile per sottrarre lo scrigno prezioso della nostra Tradizione comunitaria, a chi ha dimostrato sì - di saper cogliere le opportunità della Storia - ma ha palesato altresì, inequivocabilmente, l'intento che – pur di affermare la propria "egemonia culturale" – è disposto a manipolarla, strumentalizzarla e sacrificarla.
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23/06/2018
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