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Nei cortili del tempo con Maria Bethania

San Benedetto del Tronto | Maria Bethania "Meus quintais"

di

Maria Bethania

"Meus quintais"

Non era in programma che Maria Bethania pubblicasse un disco in questo periodo. L'artista brasiliana si riservava di uscire con il nuovo lavoro nel 2015, anno che segnerà il mezzo secolo di storia delle sue canzoni e della sua inconfondibile voce densa di colori scuri ma vivissimi e ricca di ogni sfumatura colta e popolare allo stesso tempo. Su "Meus quintais" i riferimenti di un passato legato alle tradizioni e all'infanzia sono davvero tanti. Cortili polverosi e spiazzi assolati per risentire, come una finestra spalancata sull'orizzone, l'eco di voci antiche, di mamme e di nonne, di canti e di suoni di vento, tra uccelli e ruscelli, in un canto continuo che si confonde con le voci del mare.

E' il quadro meraviglioso che Bethania compone nella magica apertura di "Alguma voz", una toccante canzone di Dory Caymmi su versi di Paulo César Pinheiro nella quale il pianoforte di André Mehmari fotografa nei colori seppia di un dagherrotipo il tempo che fu. E' probabile che la voglia di realizzare subito il disco sia arrivata da preziosi regali arrivati dai suoi amici cantautori come Chico César (che capolavoro è "Xavante") e Adriana Calcanhotto ("Uma Iara" ha un'alta scrittura e si mescola con i versi -"A perigosa Yara"- di Clarice Linspector, somma scrittrice brasiliana). Sono canzoni come queste che traducono un forte sentimento di una nostalgia a dare la spinta per gettarsi a capofitto in un nuovo progetto. Quella nostalgia percorre anche molte canzoni di Roque Ferreira (sono ben sei), uno dei più apprezzati e amati autori della "Signora", e si trasforma quasi in milonga orante in "Casa de caboclo" sulla quale la chitarra dolcissima e sottile di João Gaspar e la fisarmonica di Toninho Ferragutti ricamano, a tombolo, trasparenti fili di ricordi.

E' un'infanzia delicata quella cantata da Maria Bethania, baciata dalla luna e dalle foglie cadenti del tempo, tra passi di danza popolare in un leggero forrò nordestino ("Candeeiro velho") e preghiere profonde come uno sguardo d'amore ("Mae Maria"). Gran merito va anche alla misura degli arrangiamenti asciutti ed essenziali di Wagner Tiso che lascia emergere sempre la voce della cantante che galleggia come una ninfea in uno stagno indorato dal sole. Su "Meus quintais" c'è la stessa Bethania di "Oásis" che si aggira tra i rossi sentieri di Santo Amaro tra un passo di batuque colto tra le pieghe del verso di un cuculo di passaggio ("Povos do Brasil") e un canto processionale ("Folia de reis"). E come a riprendere l'apertura quasi da crooner di "Alguma voz" Maria Bethania chiude -ed è un bonus track- interpretando la bellezza del Jobim di "Dindi" (ah che versione magica!). Ed è una piccola onda che batte la riva sul pianoforte di Mehmari e il flicorno di Jessé Sadoc.  Maria Bethania è un'artista che non tradisce mai e sa soltanto sfornare immensi lavori.

Voto 9/10

11/06/2014





        
  



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