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I fantasmi di Chris Martin nel nuovo disco dei Coldplay

San Benedetto del Tronto | Coldplay "Ghost stories"

di

Coldplay

"Ghost stories"

In copertina due ali si stagliano contro il cielo nella notte stellata. Più che ali potrebbero essere due corpi separati dal destino oppure la sagoma di un cuore diviso in due. Le prime parole di "Always in my head" che apre il nuovo lavoro dei Coldplay di Chris Martin sono "Ti penso nel cuore della notte perché ho sempre la testa piena di te". E con le cronache rosa piene della separazione della coppia Chris Martin/Gwineth Paltrow si chiarisce tutto. E il disco diventa una sorta di instant book della crisi di una coppia. Riflessivo e introverso ma mai depressivo, "Ghost stories" si riempie di malinconia con i suoi quaranta minuti suddivisi in nove canzoni.

Il tema della notte del cuore è peculiare ("Di notte poco prima dell'alba, mentre sale il turbinio della tempesta inseguo le scuse da trovare ma la speranza è fuggita via lasciando addosso una strana leggerezza" canta Martin in "Midnight") e il problema personale del leader diventa il suono e il discorso dell'intero gruppo a dimostrazione che i Coldplay non sono altro che l'estensione della costola di Chris Martin, magnifica voce che con "Ghost stories", sesto album del gruppo, si avvicina sempre di più a Bono Vox sulla strada che porterà il gruppo a prendere in futuro il posto dei U2.

I temi personali emergono in ogni canzone vagando alla ricerca del malessere che spazia nel profondo dell'umana esistenza sempre alla ricerca dell'annientamento dei fantasmi scoperti nel fondo dell'abisso. In fondo quelle ali nel blu del cielo sul mare potrebbero essere due grandi piedi che si inabissano nelle profondità oceaniche dove regna, oltre il blu, il nero della sconfitta. In "Ghost stories" spariscono all'improvviso le pomposità che l'elettronica di "Mylo Xyloto", l'album precedente, aveva fin troppo pomposamente esaltato. Se ne è andato Brian Eno come produttore e ne sono arrivati ben cinque (Rik Simpson, Paul Epworth, Dan Green, John Hopkins e lo svedese Avicii, al secolo Tim Bergling col suo tocco in vecchio stile Coldplay in "A sky full of stars") ma stranamente l'intero lavoro non sembra aver avuto troppe frammentazioni anzi musicalmente possiede una forte unità stilistica che va perfettamente a braccetto con le tematiche dei testi delle canzoni. Le tessiture delle tastiere e dell'elettronica reggono ogni canzone ma sorreggono la struttura compositiva con molta discrezione badando più a rispettare lo stato emozionale dell'autore che a regalare i fuochi d'artificio sonori che troppo spesso in passato avevano preso il sopravvento.

"Ghost stories" è un lavoro mollto riuscito e pieno di introspezione in cui l'ascoltatore fluttua sospeso in una dimensione di grande magia.

Voto 8/10

14/05/2014





        
  



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