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la Grande Bellezza

San Benedetto del Tronto | Ringraziare Fellini, per il regista è stato atto doveroso perché, il richiamo alle tematiche care al maestro del neorealismo sono tante, ad iniziare dalla scelta del cast.

di Sabrina Cava

La Grande Bellezza

Lo scrivo al volo e prima di accedere alla rete. Non voglio condizionarmi dai tanti giudizi che oggi affolleranno il web perché il film,  La Grande Bellezza,  è andato in onda ieri sera 4 marzo  alle 21,00, su Canale 5 e credo abbia fatto il botto di ascolti.

Nasce con la banale sceneggiatura di rappresentare la grande bellezza del nostro Paese, con i suoi  fasti del passato coniugati  alla decadenza del presente. Un film confezionato  come ormai è solito fare il cinema italiano, ( che alla scrivente piace comunque poco) ad uso e consumo di una certa  intellighentia  radical chic e dell’Accademia degli Oscar di Hollywood che hanno, guarda caso  trovato questo film un Capolavoro. Ringraziare Fellini, per il  regista è stato atto doveroso perché, il richiamo alle tematiche care al maestro del neorealismo sono tante, ad iniziare dalla scelta del cast. Nane e vecchie “trombone disfatte”. Stacchi  repentini  della macchina da presa su scene diverse e anche  in antitesi tra loro. Dialoghi, ma  più spesso monologhi  di riflessione, tutti temi  molto cari a Fellini. Anche la fotografia di felliniana  memoria, così come le ambientazioni e le coreografie. Uno strizzare  l’occhio malizioso al mondo monacale e la scelta di un cast perfettamente azzeccato hanno effettivamente fatto la differenza. Perfetta Serena Grandi ( riconosciuta con fatica) a rappresentare chi, memore della bellezza e del successo  di gioventù non vuol mollare, diventandone prigioniera. Forza allora con i parti del Guru del Botox. Nessuno meglio di  Sabrina Ferilli  poteva incarnare la burina romana. Un casting che è stato “maniacalmente”  attento  nell’assegnare i ruoli a quegli attori che  avrebbero potuto agevolmente rappresentare se stessi senza troppa fatica. Anche questo un richiamo forte al  neorealismo di una Cinecittà ormai andata. Servillo, il protagonista, veniamo a lui. Guardare in Tv un film destinato al grande schermo indubbiamente ne falsa il giudizio.

L’audio non mi è sembrato dei migliori così qualche battutta dell’attore, “sbiascicata” l’ho perduta. Il suo personaggio, quello intorno al quale ruota tutta la vicenda, è tutto sommato quello  di un fallito che, con arroganza e falsa accondiscendenza giudica i fallimenti degli altri, quelli  di chi appartiene  al suo stesso ambiente, ambiente  in cui lui però agogna comunque di esserci e mai vi rinuncerebbe. Mi sono  di fatto chiesta  mentre osservato la sua straordinaria recitazione,  dove finisse il personaggio e dove iniziasse la persona,   trovandomi spesso  a pensare che, forse è  la persona stessa ad essere così, arrogante e falsamente modesta tanto da  suscitare quella immediata antipatia a pelle  per cui devo dire,  bravissimo se si è rappresentato per come non è. Un film su cui si possono  esprimere solo pareri  personali , di più o meno gradimento ma che non possiamo  dire se fosse o meno meritorio dell’ambito premio perché, per far questo dovremmo aver visto  gli altri in concorso, e francamente sospetto che debbano essere stati brutti un bel po’.

Sorrido se penso a quella nobles politico- culturale che in questi giorni non ha fatto altro che elogiare le qualità artistiche del film e non si è risparmiata nel proclamarsi orgogliosamente italiana. Non c’hanno davvero capito niente. Questo film rappresenta il peggio degli italiani, certo, allo straniero non nego possa venir voglia di visitare Roma che è sempre una favola, benché ci si sforzi di distruggere il patrimonio artistico del Paese con ogni mezzo, ma rappresenta i suoi abitanti esattamente per come ci intuiscono e descrivono all’estero, RIDICOLI. La frase più bella del film la pronuncia Servillo durante una festa, ed esprime tutto il senso di pateticità che secondo me è il filo conduttore della pellicola, “Bellissimi i nostri trenini, perché non portano da nessuna parte”. Personalmente non posso assegnargli l’Oscar, primo per il motivo cui accennavo sopra, due perché non ha superato la mia prova, ammetto difficilissima, di riuscire a tenermi sveglia per tutto il tempo della visione, dopo la sparizione della giraffa per me, l’oblio.

 

05/03/2014





        
  



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