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Il futuro può attendere?

San Benedetto del Tronto | La città divisa sull’istallazione dei pannelli del fotovoltaico. Gaspari: “siamo pronti a spostarli dove sono graditi”. Resta un dilemma: come produrre energia?

di Martina Oddi

green thinking

La Riviera degli ecomostri. O la Riviera della polemica facile? Il dubbio sorge spontaneo nell'assistere alla querelle che i comitati di quartiere hanno intentato contro l'amministrazione contestando l'istallazione dei pannelli per la produzione di energia che sono sorti in Piazza Caduti del Mare, del Pescatore, in via D'Annunzio, e via Togliatti, destando lo stupore attonito e disgustato dei più sensibili alla bellezza della città.

"Li sposteremo, senza pagare le spese del trasloco, in altri punti della città dove sappiamo sono graditi" afferma il Sindaco, aggiungendo che "posto che si debba studiare una soluzione esteticamente poco impattante, e assodato che i cittadini hanno il diritto di esprimere le loro opinioni tramite i comitati di quartiere, le decisioni di indirizzo politico vengono votate in consiglio (come è avvenuto, a larga maggioranza e per ben due votazioni in questo caso) e attuate dalla giunta".

Così risponde Gaspari a chi ne fa una questione di democrazia diretta - forse - ai molti che gridano alla deturpazione sottolineando la bruttezza dei pannelli. Sul valore estetico il giudizio è opinabile, forse più drastico e negativo agli occhi di chi non ha avuto l'occasione di "contemplare" le installazioni nelle altre città, sicuramente molto meno artistiche. Basterebbe fare un salto sull'Ascoli mare per avere la testimonianza che di più brutto ce n'è molto, e che tutto sommato le pensiline sambenedettesi sono il minore dei mali.

Ma sul fattore estetico - se è vero che de gustibus non disputandum est - ognuno dice la sua. Il problema però, per dei cittadini così lungimiranti, non può certo essere solo quello della bellezza. Una collettività che guarda al futuro si fa delle domande più serie dell'impatto estetico, e molti dei contestatori avranno sicuramente già pronto un piano energetico per produrre energia e diventare autosufficienti entro il 2050 come prevede il protocollo internazionale di Kyoto.

Dopo aver rinnegato il nucleare in conflitto con la sicurezza, demonizzato lo stoccaggio gas che deturpa il territorio e mette a rischio la vocazione turistica, sembrava che il green thinking avesse preso piede anche nel fare e nel pensare della nostra gente. Invece poi, quando anche l'eolico viene ricusato e il fotovoltaico schifato per presunte ragioni di estetica ambientale c'è da chiedersi quali sono le priorità dello sviluppo. Conservare una bella cartolina della città così com'era nei bei tempi andati, con il suo sky line e i suoi ritmi lenti tra i flutti del mare, o guardare avanti per cercare con lo sforzo di tutti di dare vita al migliore tra gli orizzonti possibili?

Usando il buon senso - lontano anni luce dall'approccio polemico e strumentale della critica sterile - si possono adottare le soluzioni migliori, magari senza fare un referendum in città ogni volta, ma tenendo fede agli impegni di mandato dell'amministrazione. Mentre lo stallo della politica nazionale diventa minaccioso e fa intravedere lo spauracchio dello slittamento delle ripresa, la lezione della polemica contro gli interessi comuni viene interpretata come libertà di andare ognuno in una direzione. E anche a livello locale il cattivo esempio si impone alla lucidità, la polemica alla ragionevolezza e lo sdegno all'approccio costruttivo.

Rimane l'ultimo quesito: come può la città guardare al futuro, con lo sguardo rivolto al passato? Quando arriverà l'annunciato cambio di marcia? Quanto dovrà aspettare ancora l'evoluzione nelle idee per dare alla luce una visione nuova, dinamica e positiva? Come si esce dalla crisi e si entra nel futuro, senza cambiare la testa? Una strategia condivisa, che posi sui pilastri della green economy, dell'integrazione culturale e dell'innovazione negli usi e nelle tecnologie sostenibili è l'unico terreno di confronto possibile.

06/04/2013





        
  



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