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Troppo umana speranza. Un sogno che prende corpo, ecco il romanzo d’esordio di Alessandro Mari

San Benedetto del Tronto | Le vicende di quattro personaggi, una lunga storia dell’Italia che nasce, un racconto mai ascoltato del Risorgimento. Le vicende di quattro personaggi, una lunga storia dell’Italia che nasce, un racconto mai ascoltato del Risorgimento.

di Minerva Strazzella

Troppo umana speranza - Alessandro Mari

Cosa c'è di più umile di un menamerda? Cosa c'è di più grandioso di un ideale che si realizza? E cos'è l'uomo se non una perfetta sintesi tra teorico e pratico, tra mens e corpus?
Troppo umana speranza è la storia di un viaggio, reale e fantastico, vero e immaginario. E' un immenso romanzo sul Risorgimento e, nel contempo, un incitamento a vivere la vita, uno sprone a sentire la speranza come parte pratica della vita dell'uomo.

La speranza che Alessandro Mari offre al lettore non è quella passiva dei sogni irrealizzabili. La sua speranza, troppo umana, è quella della ricerca terrena, carnale, oltre ogni misura concreta e mai velleitaria.

Il personaggio principale, forse il più importante dei quattro raccontati dal narratore, ha nome Colombino, è, dostoevskijanamente, un idiota buono, e di mestiere fa il menamerda, ovvero spala il letame. Humus, che significa terra, ma anche terra concimata, terra fertile, ha la stessa radice semantica di homo e di humanus, ha ricordato lo scrittore, venuto sabato scorso a presentare la sua opera all'Auditorium Comunale.

Torna qui alla mente il famosissimo verso di una canzone di Fabrizio De Andrè: dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori. Il risorgimento è stato finora proposto ovunque come un diamante. Una pietra meravigliosa, scolpita, conclusa. Non così nel romanzo di Alessandro Mari: il suo Risorgimento è un evento in fieri, carico di tutta l'energia di cui è munita la giovinezza, di tutta la forza di cui è capace un sogno. La giovinezza è qui intesa come il momento precedente alla maturità storica che spesso cristallizza (o mummifica?) creature reali, trasformandole in icone (con tutti i rischi annessi).

Da qui la scelta di ridonare ad Anita Garibaldi, altro personaggio del romanzo, il suo vero nome, Aniha, e, assieme al nome, di restituirle un volto e, soprattutto, un corpo grazie al quale esprimere la propria vitalità prorompente, la propria carica erotica, la propria sfacciata fisicità. Aniha è una donna gelosa, irrazionale, impulsiva, ma anche tenace e coraggiosa, è la vera eroina del romanzo, e, come tutti gli eroi (e come impone la storia) alla fine perderà la vita.

Altra donna presente nel romanzo è la giovane Lena, che, fuggita da un monastero a Roma, giunge a Londra dove diventa spia nella Comunità Italiana. La storia di Lena ha una particolarità letteraria perché è un vero e proprio feuilleton. Alessandro Mari ha voluto qui fare una citazione, rendere omaggio a Dickens e ai suoi romanzi a puntate. La eco dello scrittore inglese è anche presente nelle descrizioni della grigia e fumosa Londra ottocentesca.

L'ultimo personaggio, emblema del cambiamento, esempio del divenire, è Lisander, un poco di buono, un pittore ritrattista che tenta in tutti i modi di affrancarsi dall'umiltà. Con la nascita della fotografia diventa commerciante e produttore di immagini pornografiche. Ma anch'egli troverà la forza per un cambiamento, la via della redenzione, in un romanzo in cui nulla è statico ma tutto sta or ora accadendo.

Il Risorgimento non ci dà solo ideali, ma è anche una grande storia romanzata, che, dopo venti anni di retorica fascista, abbiamo rigettato. Ora è il momento di ritrovarlo. E Alessandro Mari, con il suo Troppo umana speranza, ci sta offrendo questa grande opportunità.

03/04/2011





        
  



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