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Re Leonida, il condottiero dei “300”, è tornato nel kolossal 2007 del regista Zack Snyder

| TERAMO - Sintesi mirabile tra fumetto, cinema e storia. Ora anche un videogioco. I segreti del film tratto dal romanzo grafico di Frank Miller, a ruba nelle librerie.

di Nicola Facciolini

Re Leonida, il condottiero dei “300”


“E in questa mischia cadde anche Leonida, che si era dimostrato uomo di straordinario coraggio, e con lui gli altri Spartiati, i nomi dei quali ho voluto sapere, come uomini degni che se ne serbi memoria... (Erodoto)”

“In marcia verso la gloria…!”. E’ l’inno di battaglia di Re Leonida e dei suoi 300 spartani che nel 480 a.C. si opposero alle armate d’invasione di Serse, immolando le proprie vite alle Termopili, salvando così la civiltà europea dalla sicura catastrofe. Oggi, quell’inno rivive grazie alla superlativa pellicola del regista Zack Snyder. Grandioso, epocale, stupefacente, magnifico. Non vi sono, in verità, aggettivi qualificanti per giudicare quella che, senza alcun dubbio, come già espresso dalla critica, è da annovere nell’olimpo della cinematografia mondiale, in compagnia di pellicole immortali come Ben Hur e la trilogia de “Il Signore degli Anelli”.

Perché “300” è sicuramente l’evento cinematografico dell’anno. “300”, il film tratto da un capolavoro di Frank Miller sulla battaglia delle Termopili, è molto più che un kolossal americano: ogni fotogramma è un grandioso spettacolo per gli occhi e la mente, nonostante la ferocia delle realistiche scene di battaglia e le evidenti “concessioni” al fantastico peraltro fedeli al romanzo di Miller. Visto che l’Europa ha dimenticato i valori e la gloria di quei 300 di Leonida, ci ha pensato bene Hollywood a rimediare per ricordare agli Europei e alla civiltà occidentale, di chi sono davvero “figli”. Ne è convito il regista Zack Snyder.

“300” è interpretato da Gerard Butler, Lena Headey, David Wenham e unisce la spettacolarità dello stile di Snyder alla forza sensuale e immaginifica del tratto di Miller. Il film è ispirato alla sanguinosa battaglia delle Termopili (480 avanti Cristo) in cui si narra che trecento guerrieri spartani scelti, guidati dal Re Leonida, fermarono e contribuirono alla distruzione dell’esercito di invasione composto da un milione di soldati persiani guidati dall’imperatore Serse.

La cui sconfitta cambiò i destini dell’Europa e della nostra cività. Leonida e suoi 300, per la loro azione valorosa e gloriosa, sono stati annoverati tra i “padri” della nostra civiltà. Ne parla il regista Snyder. Come si è avvicinato al lavoro di Frank Miller? “Frank Miller è un dio nell’ambito del mondo dei fumetti. Avvicinarsi al suo lavoro è un onore, ma anche un onere. Da un lato ero preoccupato e non volevo fare dei guai, ma al tempo stesso mi sentivo decisamente intrigato nel portare sullo schermo un romanzo come 300 che avevo amato così tanto. La mia idea era quella di fare un film molto vicino al romanzo grafico.

C’è un legame profondo tra tutti gli eroi creati da Frank Miller. Tra i protagonisti di Sin City, 300 e perfino con il Batman che lui ha disegnato. L’essenza della sua arte sta nel creare mondi in cui è difficile entrare semplicemente uscendo dalla porta di casa e semplicemente guardandosi intorno. Tutto sta nel suo senso estetico. Desideravo che fosse molto vicino all’originale. Il tono complessivo e lo stile del film sono molto classici e in armonia con lo spirito del fumetto che li ha ispirati. Questo perché è mia opinione che nel lavoro di Frank Miller il testo sia altrettanto importante quanto il tratto del disegno.

Volevo usare in molte scene la slow motion che nelle macchine da presa digitale, nonostante molti dicano il contrario, è dal mio punto di vista ancora tutt’altro che soddisfacente. La tecnica di mostrare le immagini al rallentatore mi serviva per enfatizzare i momenti cruciali della narrazione in cui i protagonisti vivono qualcosa di molto speciale che segna il viaggio delle loro vite”. Frank Miller ha appoggiato la produzione del film?

“Dopo una scena test che ci ha fatto avere la sua benedizione, tutto è sembrato molto più facile. Anche se — all’inizio — la Warner che stava producendo Troy non era affatto convinta di volere procedere a un altro film ambientato nella Grecia antica”. E come sono andate le cose? “Io ho detto: “Siamo io e Frank Miller.” Loro mi hanno risposto: “Siamo qui con Brad Pitt…” Dopo L’alba dei morti viventi pensavo che il progetto fosse finito lì. Invece, nonostante tutto, erano molto interessati. Così abbiamo realizzato il film interamente in studio a Montreal in Canada. Una scelta un po’ strana per un film ambientato nella Greci antica…”.

Come ha scelto gli attori? “Non è stato facile, perché per la maggior parte del tempo tutti questi attori devono essere seminudi. In più la forma fisica era essenziale anche per affrontare le battaglie. Bisognava fare in modo che le persone sapessero combattere davanti alla macchina da presa. L’elemento fisico era centrale. Ho incontrato Gerard Butler in un caffè a Hollywood. E’ impazzito per la parte. Si è tolto la camicia è saltato sul tavolo e io gli dicevo: “Ok, Gerry. Ho capito. La gente guarda… per favore, scendi…” Abbiamo parlato un po’ e lui si è detto tranquillo perché "aveva fatto combattimenti" in altri film.

Oggi, se glielo chiedete, vi dirà che non aveva alcuna idea riguardo a quello che avrebbe passato... Alla fine si è allenato per quattro mesi prima di girare la prima scena di battaglia. Vedendo il mio film vi renderete conto che gli spartani sono un po’ pazzi. La cosa più divertente di una pellicola così è che ti trovi ad andare dietro a gente che nella vita comune non seguiresti mai”. Parliamo dell’elemento politico presente nel film. “Frank Miller ha utilizzato gli elementi storici della battaglia delle Termopili e li ha trasformati in un romanzo grafico molto interessante. Gli elementi politici ci sono, ma non desideravo che nessuno pensasse che 300 potesse diventare l’emblema di uno scontro tra Oriente e Occidente.

In questo senso la stessa figura di Serse risulta molto astratta da caratterizzazioni specifiche: i personaggi non sono così riconoscibili e — ammettiamolo — gli stessi spartani sono solo a pochi passi dal sembrare anche loro dei cattivi oltreché dei reazionari antidemocratici. Nel film non c’è una parte riconoscibile e riconducibile a qualche schieramento di oggi. Serse non è George Bush. Anche se, fisico a parte, potrebbe sembrarlo. So che il pubblico avrà le sue interpretazioni e che tutto può essere ricondotto a una metafora. 300 è un film sulla libertà: su trecento uomini ridotti al rango di “dito nella diga” per salvare la Grecia antica da qualcosa che non sappiamo. Il loro sacrificio ha salvato l’Occidente chissà da che cosa.

La storia sarebbe stata molto differente senza di loro, anche se gli spartani, lo ripeto, non erano dei campioni di democrazia. Per me 300 non è tanto una metafora, bensì una finestra nella mente di un popolo antico come gli spartani. Gente incapace di dialogare e pronta a combattere per la sua libertà. Non faccio film in difesa della guerra, ma delle realtà. Credo che gli spartani non fossero molto lontani dall’essere dei cattivi. Erano dei buoni un po’ al limite. Forse potrei fare come Clint Eastwood con Flags of our fathers e un domani fare un film tratto dalla stessa storia vista attraverso gli occhi dei persiani”. Ha pensato a un cameo di Frank Miller? “In 300 l’oracolo è controllato da un tizio molto spaventoso. Mi sembrava la scelta logica per un suo cameo e a Frank era piaciuta molto. Peccato che fosse impegnato e quindi non l’ha potuta girare”. Cosa farà adesso con Watchmen? “Abbiamo consegnato una sceneggiatura molto ‘cool’ allo Studio. La nostra opinione è che questo “script” è il più vicino mai realizzato allo spirito del fumetto originale. Credo anzi che sia ‘Supercool’ e speriamo che lo Studio accetti di finanziarlo”. Ora “300” è anche un videogioco. Immancabili le “action figures” di re Leonida e della regina di Sparta.

Sintesi mirabile tra fumetto, cinema e storia, 300 è un film che merita sicuramente di essere visto, magari più di una volta. Il regista Zack Snyder mette a segno un centro pressoché perfetto, catturando appieno le cupe ed ossianiche atmosfere del fumetto di Miller, già acclamato autore di Sin City.

Davvero un capolavoro, quindi, il film di Snyder, in grado di riportarci indietro di 2500 anni nel volgere di due ore, alla scoperta, forse nostro malgrado, di quelle che sono state indubitabilmente le nostre radici: radici che affondano nella filosofia, nell'arte, nella cultura ma anche nel sangue, nella guerra, nella brutale capacità di assimilazione espresse dalla civiltà indo-europea. “300” è, inoltre, un film giocato sui contrasti: alla statuaria bellezza degli spartani (dovuta, ahimè, alla prima applicazione concreta dell'eugenetica post partum nella storia, lo sappiamo...), che neppure sfoggiano vistosi gioielli e ornamenti che non siano le armi e i mantelli, si contrappongono le caotiche automutilazioni, i piercing vistosi e numerosi, le terribili maschere da guerra che sfoggiano i persiani in generale e Serse in particolare, gigante il cui corpo sembra quello di un fachiro, tanto è trafitto da spille ed anelli.

Contrasto vieppiù percepibile nella scena che vede Efialte recarsi nel padiglione di Serse, ove si sta svolgendo una specie di orgia infernale, tra slanci di tribadismo, sfoggio compiacente di deformità e sadica lussuria. E', in definitiva, il classico scontro tra bene e male? Forse no, ma sembra comunque abbastanza chiaro da che parte stia Miller... Nel film di Snyder troviamo tutto: la carne, il sangue, l'istinto, la ieratica staticità coniugata al dinamismo belluino e feroce. Innumerevoli sono le fonti di ispirazione: ovviamente il fumetto di Miller, ma anche il teatro tragico greco, i cosiddetti peplum stile Ben Hur, qualche sporadico ammiccamento, soprattutto nelle scelte cromatiche, al cinema giapponese di fantascienza, come Kyashan, nonché il resoconto che Erodoto ci ha lasciato della battaglia delle Termopili.

L'aderenza storica è sostanzialmente rispettata, se tralasciamo qualche licenza già presente nell'opera originale al solo scopo di rendere più fluida la narrazione. La vicenda è nota: Leonida, re di Sparta, cresciuto secondo la severa legge marziale di quella città, rifiuta la sottomissione a Serse, il «re dei re», figlio di Dario, già annientato dieci anni prima, nel 490, a Maratona.

Leonida uccide il superbo ambasciatore che Serse gli invia e ne fa trucidare il seguito. Conscio del pericolo che Sparta e la Grecia tutta corrono, egli decide di attendere i Persiani che muovono guerra nella gola delle Termopili, luogo aspro e stretto ove la spropositata entità numerica dell'immane esercito persiano poco o punto servirà a Serse. Al contempo il tradimento serpeggia sia tra le mura di Sparta che alle Termopili: Terone, demagogo che tiene in pugno il consiglio della città, lavora al soldo di Serse, così come Efialte, misero e deforme spartano tornato dall'esilio, che si mette al servizio del re persiano dopo che Leonida ne ha rifiutato i servigi.

Ondata dopo ondata, le orde di Serse si infrangono contro il baluardo spartano, superiore per doti tattiche e strategiche. Gli scontri tra i due schieramenti sono cruenti e straordinari, magistralmente realizzati sia grazie alla bravura degli attori che all'abilità del regista, che fa un uso sapiente e mai ornamentale del bullet time, tecnica di ripresa vista per la prima volta in Matrix. Complici scenografia e costumi, sostanzialmente credibili e aderenti alle fonti storiche (niente armature in vetroceramica e stivaletti Reebok in plasteel come quelli visti nell'osceno

Gladiatore, per capirci) il senso di immedesimazione comunicato allo spettatore è totale: gli spartani combattono seminudi con lancia, spada e scudo, strumento difensivo nell'uso del quale sono maestri. Le falangi oplitiche si muovono come un sol uomo, alternando attacco a difesa, cedimento e spinta, fornendo un'immagine se non proprio veritiera comunque credibile delle regole di ingaggio dell'epoca. E così le pile di cadaveri persiani si accrescono di ora in ora, rendendo scivoloso il terreno delle Termopili di sangue e visceri.

A nulla valgono gli sforzi di Serse per spezzare l'impenetrabile difesa: né gli elefanti, né i mutanti deformi ed orcheschi che schiera in campo (e qui ritroviamo il Miller che ama autocitarsi riproponendo le forme umane aberranti già viste in Sin City: con la storia questo non c'entra nulla, ovviamente, ma nell'impianto narrativo ci sta), né avvalendosi della sua temutissima guardia personale, i diecimila «immortali», truppe d'élite chiamate così poiché quando ne moriva uno questo veniva immediatamente sostituito, preservando così sempre il medesimo numero. Alla fine sarà il tradimento di Efialte che, indicando a Serse un sentiero segreto per aggirare la gola cruenta, consentirà al «re dei re» di prendere alle spalle l'esercito spartano. Ma il glorioso sacrificio dei 300, che inflissero perdite spaventose ad un esercito forte di 150.000 uomini, fornirà il presupposto per la mobilitazione generale dei greci, che a Salamina prima, a Platea e Micale poi, disintegreranno il potere militare di Serse.

30/03/2007





        
  



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Re Leonida, il condottiero dei “300”
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