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Chiusura dell’Ospedale di Montegiorgio

Montegiorgio | Castelli: " Serve un azione corale per sventare l’ennesimo scippo”

di Guido Castelli*

La chiusura dell’Ospedale di Montegiorgio (che costituisce l’ennesima spoliazione in danno dell’entroterra) risponde ad una logica di razionalizzazione che ha dimostrato in questi anni di non produrre alcun beneficio di tipo economico-finanziario a fronte di un sacrificio reale in termini di servizi sanitari.
E’ circa un decennio, infatti, che la filosofia della Regione in materia sanitaria risponde a due principi: quello dell’accentramento dei servizi (soprattutto ad Ancona) e della drastica riduzione di posti letto e dei punti di primo intervento.
Una simile prassi non ha impedito tuttavia che l’astronomica voragine dei conti della Regione passasse dai 500 miliardi di debito del 1995 ai quasi 3.000 miliardi del 2003.
Oggi come oggi la spesa sanitaria assorbe circa l’85% del bilancio di una Regione che invece di riconoscere il carattere fallimentare della propria programmazione persevera nell’ imporre chiusure mirate senza mettere mano alle vere cause del deficit.
Mentre la valle del Tenna si appresta a subire l’ennesima privazione, l’enorme spreco di risorse che si concentra nel sistema sanitario anconetano continua imperturbabile. Così come continua la profusione di denaro in favore di consulenze e di servizi di (apparente) eccellenza nel nord della regione.
Da sempre la posizione di AN è volta alla difesa dei piccoli ospedali che non rappresentano soltanto presidi lodali capaci di esprimere una sanità a misura d’uomo ma anche dei filtri adeguati ad impedire l’implosione dei nosocomi maggiori.
Come ha giustamente osservato il Sindaco Di Ruscio, infatti, la chiusura di Montegiorgio esporrà l’Ospedale di Fermo al rischio concreto di una paralisi dei servizi che potrebbe produrre diseconomie ben superiori a quelle che si vorrebbero evitare per effetto della chiusura in questione.
La battaglia in difesa di questo ospedale non può dunque essere liquidate come mero frutto di campanilismo localistico. Ma costituisce l’espressione di una cultura dell’organizzazione sanitaria diversa da quella praticata (con pessimi risultati) dalla regione Marche e che trova pregevolissime conferme in altre nazioni europee.
E’ il momento questo di una grande unità d’intenti da parte delle popolazioni interessate e delle istituzioni che le rappresentano. Solo facendo sentire una voce corale ed unanime sarà possibile, forse, sventare uno scippo ed evitare un errore
 
 *consigliere regionale AN
 

25/09/2004





        
  



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