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“I lotti minimi edificabili possono essere rivisti. La perequazione deve essere capita”

San Benedetto del Tronto | Seconda parte dell’intervista al prof. Bellagamba, progettista del nuovo PRG del Comune di San Benedetto. Turismo (Palacongressi compreso), perequazione, viabilità

di Giovanni Desideri

Prof. Bellagamba, uno spettro ha preso forma tra i commentatori del suo piano: i lotti minimi edificabili elevati da 700 metri quadrati a 1.200, ciò che vanificherebbe il sogno di una vita dei piccoli proprietari: poter costruire una casa.
“I lotti di 1.200 metri li abbiamo individuati nelle zone ex B4 del piano vigente, che già imponeva la cessione del 50% della superficie al Comune. Ma si tratta di pochissimi casi. Se il problema sono queste superfici minime, correggerle è un’inezia. Vorrà dire che superfici anche di 600 metri, ma non certo inferiori, potranno essere edificate, senza alcuna cessione all’ente. Di certo non dobbiamo illudere i proprietari facendo credere loro che con 400 o 300 metri si possa fare una casa. Questo è impossibile, anche materialmente. Un altro modo per ovviare a questa esigenza, nel caso di due lotti contigui ognuno dei quali inferiore a 1.200 metri, potrebbe essere quello di derogare agli spazi di 5 metri tra una costruzione e l’altra, costruendo al centro del comparto composto dai due lotti, per permettere ad ognuno dei due proprietari di avere una zona di verde tutt’intorno.”
 
Per l’edilizia residenziale, molti sembrano “terrorizzati” dal metodo della perequazione. Nel migliore dei casi dicono che non funzionerà, dal momento che presuppone l’accordo dei proprietari sul 75% della superficie di un comparto. Cosa risponde?
“La perequazione funziona, a condizione che non si deroghi in nessun comparto. In questo si deve essere intransigenti. Se invece si iniziano a fare eccezioni per questo o quello, allora tutto crolla. Ma che possa funzionare lo dimostra il caso di Reggio Emilia, che viene citato spesso. È vero: anche lì ci sono stati problemi all’inizio. Ma quando i proprietari delle aree e i costruttori capiscono che anche questo meccanismo rende e che comunque non c’è altra scelta, a quel punto il metodo inizia a funzionare, come è successo appunto a Reggio Emilia, ma anche in tantissimi altri posti, in maniera esponenziale. Perequazione e “contributo di riqualificazione urbana” sono i due punti salienti del piano, gli strumenti che permettono di avere gli standard di verde e servizi, spazi per le scuole, le parrocchie, edilizia residenziale pubblica, parcheggi.”
 
Avevamo già affrontato questo punto, ma permane la “vulgata” di oneri edificatori esorbitanti per i costruttori.
“Ribadiamo allora che dai nostri calcoli tutti gli oneri che chiediamo, per opere primarie, secondarie e oneri aggiuntivi per la riqualificazione urbana incidono per il 12% del valore dei beni prodotti. Non mi sembra affatto un costo “esorbitante”. Ma anche su questo punto siamo disponibilissimi a discutere con i costruttori. Chi investe ha il diritto di avanzare le proprie perplessità. Può darsi che abbiamo sovrastimato i ricavi o sottostimato i costi. Può darsi che i 190 euro per metro quadro per la riqualificazione siano un’imposizione troppo forte. Ma possiamo parlarne. Anzi, mi dispiace che la discussione non sia ancora avvenuta e spero che si rimedi presto.”
 
Dall’edificazione residenziale a quella turistica. Alcuni lamentano la mancanza di risposte ai problemi del settore, identificandoli con la mancanza di spazi. In altri termini, chiedono più metri cubi per superare la crisi economica. Cosa prevede il suo piano?
“Un aumento di cubature in quanto tale non risolve affatto i problemi. Invece salta agli occhi che oltre al blocco delle stanze molti hotel mancano di spazi per i servizi. È una grave lacuna. Per questo il piano affronta i due temi insieme: servizi e volumi. L’operazione è un po’ complicata anche per via delle norme, ma è questo il modo per risolvere il problema: aree a tema, spazi per servizi e così via. Gli hotel in prima fila non potranno essere sopraelevati, ma potranno avere parcheggi interrati o servizi “a ponte” tra un albergo e l’altro. In pratica delle gallerie, che libereranno spazi al pian terreno. È una cosa fattibile, naturalmente se i proprietari si metteranno d’accordo. Per gli hotel in seconda fila proponiamo invece un aumento della superficie utile lorda del 30%. Per quelli in terza fila e oltre del 60%, ma a condizione che a terra sia occupato il 25% dell’area disponibile. Per fare un esempio, 250 metri quadrati su 1000, da elevarsi poi in altezza.”
 
Molti chiedono nuovi hotel.
“E il piano individua alcune zone per questo, per esempio nell’area adiacente al Palacongressi, o in zona Brancadoro o in via del Cacciatore. Hotel strettamente funzionali a ciò che si trova nelle loro vicinanze e che potranno caratterizzarsi per la ricettività congressistica, sportiva, o in funzione della riserva naturale della Sentina.”
 
Professore, il Palacongressi sta per diventare una multisala cinematografica. È sicuro di questa destinazione congressistica?
“Il Palacongressi è una risorsa straordinaria, come non ce n’è da Ancona a Pescara. Mi hanno detto che lo stesso operatore interessato all’operazione di cui lei parla avrebbe delle perplessità. Non so se mi abbiano riferito male. Il Palacongressi resta una risorsa che non può essere giocata in maniera minimale, solo per le prefinali di Miss Italia. In questo momento è sottoutilizzato. Ma un operatore serio potrebbe organizzarvi congressi di tutti i tipi, per due regioni.”
 
Lei vede in giro operatori di questo tipo?
“Non voglio invadere un campo che non è mio. Ma mi sembra che gli operatori di San Benedetto abbiano la capacità di cogliere le opportunità. Queste capacità hanno solo bisogno di emergere. Poi naturalmente ci vuole lo sforzo di più soggetti. Al Palacongressi c’è la struttura base, quella che è difficile trovare in giro. Ora è necessario farla funzionare, integrandola con altri servizi intorno.”
 
La viabilità. San Benedetto si estende in lunghezza e qualcuno obietta al suo piano di non “fluidificare” abbastanza il traffico che ingolfa la città.
“Al momento San Benedetto ha uno spazio enorme riservato alle strade. Il problema è quindi razionalizzare la viabilità. In due modi. Innanzitutto con la bretella da Ragnola al Ponterotto.”
 
E già su questo punto le è stato contestato che il tracciato passerebbe in mezzo alle case.
“Non in mezzo alle case, ma su un’area edificabile secondo il vecchio piano. Per questo ho avanzato la proposta, che in questo momento sembrerebbe messa in disparte, di affidare la decisione sulla bretella al consiglio comunale, ovvero all’approvazione di un piano attuativo, che preveda di spostare l’edificabilità in modo da consentire al costruzione della bretella.”
 
Le altre soluzioni per la viabilità?
“La razionalizzazione della rete, che dividiamo in una “maglia primaria” e una di servizio o di connessione urbana. Prendiamo ad esempio la Statale 16. Non è possibile che ogni 50 metri ci sia un imbocco. Ne prevediamo invece uno ogni 7-800 metri, aumentando se necessario il numero delle rotatorie. Quelle in fase di realizzazione, d’altra parte, le abbiamo già discusse con il responsabile del piano del traffico, l’ing. Canestrari. Inoltre gli attraversamenti della ferrovia, affinché essa non sia più una barriera tra due zone della città. Il Comune dovrà accordarsi con le Ferrovie, per creare ampi sottopassaggi. Per esempio da via Manzoni alla zona del porto, per risolvere il problema dell’accesso soltanto dal lungomare. C’è tutto lo spazio necessario e non si capisce perché questo collegamento non sia stato ancora realizzato. Abbiamo anzi previsto che il porto possa essere raggiunto anche da via Andrea Doria. Insomma vorrei far notare che spesso è sufficiente razionalizzare l’esistente per raggiungere livelli di efficienza straordinari.”
 
In questi giorni c’è chi ha parlato di “cementificazione” della collina, in particolare nella zona a Porto d’Ascoli individuata dal piano come “cintura verde”.
“In quella zona prevediamo la possibilità di coprire servizi a terra. Per esempio un maneggio o servizi di ristorazione, ma comunque sul 10% della superficie di 132 ettari. Ripeto: non case a più piani, ma solo servizi al pian terreno, da coprire. Alle spalle della “cintura verde” c’è poi una zona in cui prevediamo “attrezzature e residenze in aree collinari”, una superficie di altri 90 ettari, sui quali diamo la possibilità di realizzare 450 metri cubi per ogni ettaro, ovvero novanta case di tre piani con 150 metri quadrati per ognuno, dove c’è già un po’ di urbanizzazione. Come si vede nessuna cementificazione.”
 
Alcuni sospettano la mancanza di relazioni tecniche relative alla stabilità della collina.
“Tutte le indagini sono state fatte, da quelle geologiche a quelle botaniche e storiche. Anche perché andava verificata al compatibilità con il Piano paesistico regionale. Se gli uffici non hanno ancora realizzato qualcuna di queste indagini, potranno farlo in questi mesi.”
 
I suoi rapporti con l’amministrazione. C’è chi ritiene che sarebbe impossibile reperire gli standard, dal momento che tre tentativi precedenti di fare un nuovo PRG sono falliti. Altri ritengono che le sarebbero state fornite indicazioni generiche. Infine l’immagine di una maggioranza separata dal sindaco. Come stanno le cose?
“Spesso le indicazioni sono generiche. In questo caso, invece, devo dire che erano molto precise e puntuali, a volte fino al particolare. Quanto ai precedenti incarichi, bisogna pur dire che è difficile realizzare un piano regolatore quando si ha da portare avanti la normale attività di un ufficio comunale. Un piano non può essere fatto nei ritagli di tempo. Ed è anche difficile realizzarlo quando si conosce vita morte e miracoli degli operatori sul territorio. Così si era tentato con i Prusst, che contenevano alcune indicazioni interessanti. Ad alcune ci siamo ispirati. Ma ai Prusst manca il disegno complessivo della città, il contesto. Quanto all’amministrazione, il sindaco mi sembra molto determinato a portare avanti il piano. La maggioranza lo vuole capire, per votarlo e per spiegarlo alla gente. Mi sembra comprensibile. Farei anch’io la stessa cosa.”
 
Il piano verrà adottato?
“A volte mi viene rimproverato un eccesso di ottimismo. Sono convinto della qualità di questo progetto, delle soluzioni per l’area Brancadoro, del Palacongressi, del sistema delle piazze, i coni visuali verso la collina che vengono mantenuti, ecc. È un piano che ricompone l’unità di questa città e connette il mare alle colline. È questa la caratteristica che si nota arrivando a San Benedetto: un paesaggio marino con le colline sullo sfondo.”

(2-continua)

11/03/2005





        
  



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