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L'ultima barzelletta dei danesi "Totti? per noi e' il lama"

San Benedetto del Tronto | Adesso lo chiamano "il lama". E non certo pensando al Tibet, ma alle Ande...

di Tonino Armata

...perché la "l" è minuscola e per il sito internet della radio-tv danese www.dr.dk. Totti non è un maestro di saggezza ma semplicemente uno che sputa, come un lama andino con le scarpe di calcio ai piedi.

In meno di una settimana il giocatore più atteso del calcio italiano, colui che alterna intuizioni geniali (per lo più contro avversari medio-piccoli) a terrificanti bambinate o crisi d'identità (di solito nelle partite decisive, e contro squadre decisamente forti), è riuscito a combinare le seguenti cose.

Totti decide di attraversare la strada del look. E da Beckham di borgata qual è, pensa ad una trovata che lo possa imporre all'attenzione dei fotografi, copertine, siti internet e veline.

Con l'aiuto della fidanzata Ilary Blasi, la Victoria Adams all'amatriciana, Totti si fa fare le treccine rasta. Sono undici. Come i giocatori di una squadra: più uniti sulla sua testa che sul campo. Ogni treccia è fermata da una specie di perlina/nastrino azzurro. Il tocco gentile diventa coda di cavallo, da bambina degli anni Settanta, durante Danimarca - Italia. 

E la sua partita risulta come la sua acconciatura: raccapricciante. Mostrando un controllo delle parole e dei concetti simile al controllo di palla poi esibito a Guimaraes, a chi gli chiedeva se davvero fosse impossibile immaginarlo al Milan, alla vigilia dell'Europeo (e dell'elezione Europee) dichiarò: "Mai dire mai". Sarebbero seguiti ritocchi, smentite e frenate, tutto peggiorativo della situazione.

Dopo dieci minuti di gioco con i danesi, senza avere patito particolari provocazioni, sempre che non si debba ritenere tale un'onesta marcatura a uomo di Poulsen, Totti si avventa da bulletto sull'avversario gli fa "pancia contro pancia" e al 3' del secondo tempo gli sputa in faccia. Nelle foto e nelle immagini, la saliva schizza come sorso d'orzata, inequivocabile.

In campo, non c'è verso che Totti trovi né posizione, né qualche spunto decisivo (lui, allo spunto preferisce lo sputo). Solo un buon passaggio per Zambrotta, qualche colpo di tacco oratoriale, un paio di punizioni fiacche. Per evitare la marcatura, arretra molto. Dunque sparisce dal gioco, oppure emigra a sinistra quando esce Del Piero.

Nel finale del secondo tempo, non trattiene quello che gli specialisti definiscono "fallo di frustrazione". In grave ritardo su Henriksen, con il quale non aveva alcun conto in sospeso, gli colpisce proditoriamente il ginocchio da dietro, rischiando: a) di spaccarglielo; b) di essere espulso. L'arbitro lo grazia con un cartellino giallo che doveva essere invece rosso.

Come tutti gli uomini deboli e come usano fare i bambini piccoli o gli adulti mai cresciuti, dopo il fallimento cerca scuse. "Avevo i piedi come due tostapane, sono piene di vesciche, la colpa è delle scarpette nuove ma anche dei calzini, mi pareva di camminare sulla sabbia rovente, se le ho cambiate dopo un po' ma per contratto sono obbligato a rimetterle, ora cercherò una soluzione, non so, vedremo".

Al cronista che gli domandava come mai non avesse voluto scambiare la maglia con Helveh, il campione piccolo aveva risposto: "Quello lì è uno stupido".
Occorre un grande talento per radunare tutte queste cose in uno spazio di tempo così breve. Bisogna veramente essere, come il ruolo in campo richiederebbe, fantasisti. Totti ha dunque rivelato un istinto geniale nel cacciarsi nei guai, in questo inizio di Europeo che tanto ricorda una fine.

Ancora una volta sono le telecamere, prima fonte di guadagno dei calciatori, a inchiodarli, come già avvenne con Rijkaard, Zago e Mihajlovic. Adesso tocca al giocatore più rappresentativo della nostra Nazionale, intorno al quale Trapattoni aveva versato quintali di zucchero, quello che doveva fare la differenza. Nel codice del calcio uno sputo in faccia è il peggiore dei gesti, peggiore di una gomitata, di un'entrata sulla caviglia, di un pugno.

E poi sarà bene dirsi una cosa: la squadra si chiama Nazionale perché rappresenta una nazione, chi indossa quella maglia dovrebbe saperlo e comportarsi di conseguenza. Il che significa: saper vincere, saper perdere, avere atteggiamento leale nei confronti di avversari e giudici di gara. Uno sputo è un boomerang a pensarci, colpisce più il lanciatore del colpito. Si annega in un bicchiere d'acqua, è un vecchio modo di dire.

E in uno sputo si può fare naufragio. Così purtroppo è andata. Tre giorni di squalifica! La Commissione disciplinare dell'UEFA, dopo oltre due ore di riunione non poteva fare altro. Anzi è andata bene. Più che bene.

18/06/2004





        
  



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