Cerca
Notizie locali
Rubriche
Servizi

Fecondazione assistita, legge crudele

| " Posizione e impegni chiari per la cancellazione di questa legge".

di Tonino Armata

La legge è legge. Ed esiste un giudice, a Catania, capace di farla rispettare. La nuova legge sulla fecondazione assistita vieta, anche nel caso di coppie portatrici di gravi malattie genetiche, l'esame preimpianto e la selezione degli ovuli prodotti, una norma medica fino a ieri considerata del tutto normale. La donna è obbligata ad a cogliere nell'utero anche gli ovuli gravemente ammalati. Così impongono le norme volute dalle gerarchie cattoliche ed approvata da Parlamento anche grazie al consenso di un gruppo di parlamentari cattolici del centrosinistra. In ossequio alla legge, dunque, a due coniugi, portatori sani di talassemia, e dunque ad alto rischio, è stato negato il diritto di selezionare gli ovuli per evitare che fosse impiantato uno malato.
La coppia, dopo questa prova, ha deciso di continuare la fecondazione assistita, ma intende proseguire l'azione civile ricorrendo contro la sentenza. Una legge "crudele" così l'avevo definita a suo tempo (vedi "il Quotidiano.it"). La sentenza di Catania non fa, dopotutto che applicarla, e rivelarne in questo modo tutta la crudeltà. Sono violate la libertà e la dignità della donna, avevo scritto. E la sentenza di Catania lo conferma.
Nei giorni 25 e 26 maggio, mentre giungeva notizia di questa sentenza, si svolgeva a Roma un incontro nazionale, promosso dal Comitato "no alla legge 40", al quale partecipavano organizzazioni di pazienti, scienziati, bioeticisti, giuristi, parlamentari, sociologi impegnati a denunciare l'iniquità della legge e definire un'azione comune per cancellarla. Le possibili strade sono almeno due: il ricorso alla Corte Costituzionale, già promosso da un gruppo di giuriste, e la raccolta delle firme per un referendum abrogativo già promosso dai radicali (al quale invito i cittadini della nostra provincia a firmare, perché i diritti vanno difesi sempre o il prossimo atto sarà la revisione della legge sull'aborto).
La sentenza di Catania cancella ogni velo d'ipocrisia che finora circondava la legge, l'affermazione d'alcuni parlamentari i quali offrivano a chi protestava contro la legge la furbesca via d'uscita della sua impraticabilità. No, la legge è applicabile. E' già applicata. Già ora, molte coppie italiane cercano all'estero, appena fuori dai nostri confini, la soluzione ai loro problemi ricorrendo a quella fecondazione eterologa che solo in Italia è considerata illecita. Anche i coniugi di Catania avrebbero potuto facilmente risolvere il loro problema facendo un viaggio in Belgio o in Francia o in Gran Bretagna e fare lì l'analisi preimpianto. Hanno preferito mettere alla prova la nostra legge. E se n'è dimostrata così l'iniquità. Ma senza una modifica della legge nessuna ricerca sarà possibile in Italia sulle cellule staminali, unica speranza di sollievo o guarigione per le decine di migliaia di pazienti affetti da gravi malattie degenerative.
Una legge ideologica, una legge crudele, offensiva per le donne, per la libertà dei cittadini e della ricerca scientifica: e dunque, perché nessuno dei grandi partiti impegnati nella campagna elettorale per le Europee (da noi neanche per le provinciali) finora ne ha parlato? A che è dovuta la timidezza o la prudenza di tanti candidate e candidati, anche tra quanti si presentano nello schieramento di centrosinistra? Nel corso del dibattito parlamentare l'Ulivo non è stato capace di raggiungere una linea condivisa. E, finora, dopo qualche tiepido intervento di qualche parlamentare di sinistra, l'unica voce che si è alzata, con forza, contro la legge è quella della radicale Emma Bonino. Sarebbe un fatto positivo se il drammatico caso di cronaca di Catania sollecitasse altri uomini e donne, anche dell'Ulivo, a prendere una posizione e impegni chiari per la cancellazione di questa legge. Una posizione da sostenere con rigore oggi, dall'opposizione e domani, eventualmente, dal governo.

13/06/2004





        
  



3+2=

Altri articoli di...

ilq

Quando il giornalismo diventa ClickBaiting

Quanto è sottile la linea che divide informazione e disinformazione?

Kevin Gjergji