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La vera voce della poesia domenica scorsa a In Art

San Benedetto del Tronto | Grande interesse, partecipazione e commozione domenica 8 aprile a In Art per la presentazione del libro di Vittorio Soriani “Experientia - di amore e di solitudine”, seguita dal concerto di Valerio Vigliar in solo, pianoforte e voce.

di Elvira Apone

ph. Assunta Cassa

Domenica 8 aprile, al Medoc di San Benedetto del Tronto, il penultimo incontro della rassegna In Art, organizzata dall’associazione culturale Rinascenza con la direzione artistica di Annalisa Frontalini in collaborazione con Paolo Soriani. Protagonisti della serata Paolo Soriani, che ha parlato dell'esperienza di vita e di arte del padre, Vittorio Soriani, di cui ha anche presentato, in prima nazionale, il libro di poesie “Experientia – di amore e di solitudine” (Di Felice edizioni), terza pubblicazione della collana “Note di Rinascenza”, che ha la direzione editoriale di Annalisa Frontalini, e il musicista Valerio Vigliar, che si è esibito in un concerto con pianoforte e voce. Ha dialogato con gli ospiti, con garbo, acume e competenza, l'editrice e poeta Valeria Di Felice.

 

Amore e solitudine: un binomio apparentemente inconciliabile, ma di certo fondamentale nella poesia di Vittorio Soriani, in cui queste due esperienze di vita sono state fonte d’ispirazione per una poesia fatta di sentimenti puri e intensi, una poesia che, come ha affermato Paolo Soriani, è indissolubilmente legata alla vita vissuta, da cui è nata questa raccolta, il cui titolo non solo ne sottolinea l'unione imprescindibile, ma rimanda anche alle due parti in cui è suddivisa. Ma qui sia l'amore che la solitudine sembrano acquistare un valore aggiunto, divenendo entrambi anche strumento di relazione con l'altro, proprio come lo è la poesia per Vittorio Soriani: non solo mezzo per esprimere i propri sentimenti, ma anche veicolo di comunicazione, attraverso un linguaggio scarno ed essenziale, ma forse, proprio per questo, estremamente pregante e denso di significati. Un linguaggio che fonda la propria intensità espressiva sulla mancanza di parole piuttosto che sul loro uso eccessivo; un linguaggio che si basa su una straordinaria mediazione tra parola e silenzio, essendo, anche quest'ultimo, latore di messaggi profondi e reconditi; un linguaggio che mira, dunque, all'essenza, che è poi quella di una vita vissuta fino in fondo risalendo alla fonte primaria, all’origine autentica di ogni esperienza. In effetti, come afferma l’artista Canio Loguercio, autore della prefazione del libro, la vera poesia non ha bisogno di tante parole, esattamente come quella di Vittorio Soriani che, proprio compiendo questa difficile operazione di scarnificazione e di dosaggio della parola, le conferisce, in realtà, un ulteriore potere evocativo. Un poeta, Vittorio Soriani, che ha saputo cantare l’amore e la solitudine con le parole dell’anima, ricordando che la solitudine è, come ha osservato Valeria Di Felice, “un’assunzione di responsabilità per aprirsi agli altri”, dunque, anche atto d’amore, oltre che, come Paolo Soriani ha ricordato attraverso l’esempio dell’isola, immagine cara a suo padre perché rappresentativa di chi “non cerca mai né di appropriarsi degli altri né di dissolversi”, una condizione esistenziale alla quale ciascuno di noi deve fare inevitabilmente ritorno. Un poeta, Vittorio Soriani, che amava la poesia e della poesia si nutriva, ma anche un uomo e un padre che ha lasciato al proprio figlio un'eredità straordinaria, in cui trovano posto la libertà, la ricerca continua, di cui ogni esperienza diventa una tappa di un percorso e non un punto di arrivo, e, soprattutto, lo stretto rapporto tra poesia e vita.

 

Una testimonianza, quella di Paolo Soriani, che domenica sera si è fatta essa stessa poesia, quella incarnata dai versi di suo padre, quella racchiusa negli scatti fotografici del suo progetto “Di amore e di solitudine”, ispirato alla poesia di suo padre e in mostra al Medoc per tutto il periodo della rassegna In Art, quella svelata dai suoi occhi colmi dell’amore per l’arte e per la poesia che gli ha infuso suo padre e dell’amore per la condivisione di momenti di profonda e sincera umanità, di quelli che danno, appunto, un senso a incontri come questo. Un incontro che si è aperto e si è chiuso con le note del pianoforte suonato da Valerio Vigliar e in cui Giorgina Pi, regista, attrice e fondatrice del collettivo artistico Angelo Mai, ha dato voce ad alcuni tra i versi più belli di Vittorio Soriani; un incontro in cui l’amore per ogni cosa alitava nell’aria intrisa di emozioni, quelle emozioni che prima la parola scritta e poi quella cantata hanno saputo suscitare con lievità e tenerezza.

 

E poi, quasi in punta di piedi, siamo entrati nel mondo di Valerio Vigliar, quel mondo racchiuso nella solitudine del suo piccolo appartamento al Testaccio, dove Valerio suona e compone, dove vive, ama e si alimenta di musica. Un mondo che, a poco a poco, con grazia e delicatezza, Valerio Vigliar ha svelato al pubblico di domenica sera, un universo poliedrico e multiforme, che Valerio ha plasmato a propria immagine e somiglianza affinché ogni nota e ogni parola recasse con sé l’impronta del suo estro e della sua personalità. Un universo originalissimo, fatto anch’esso di poesia, la poesia che Valerio Vigliar ha saputo far rivivere sotto nuove sembianze nelle canzoni di Bob Dylan e di Bob Marley rivisitate e reinterpretate con la voce del suo cuore; la poesia che è riuscito magicamente a ricreare nei brani da lui composti, come, ad esempio, “Le dita servono a toccare il cielo” e “The man with the hat”; la poesia che dall’amore ha tratto forza quando ha cantato “We are looking for love”, mentre le sue mani percorrevano la tastiera da nord a sud e poi da sud a nord in una geografia sonora che spaziava dai suoni più gravi a quelli più acuti, dando vita ad affascinanti e sorprendenti contrasti. Un mondo in cui la creatività e il talento hanno saputo forgiare geometrie musicali intense, che resteranno impresse nella memoria e nell’aria, come un’eco lontana, ma dura a morire.

 

 

 

 

 

10/04/2018





        
  



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